Yuliana Shemetovets spiega come lavorano gli hacker bielorussi al Wired Next Fest 2023

Yuliana Shemetovets spiega come lavorano gli hacker bielorussi al Wired Next Fest 2023

Yuliana Shemetovets spiega come lavorano gli hacker bielorussi al Wired Next Fest 2023


A la guerre comme a la guerre” recita il detto, e quelle del ventunesimo secolo sono sempre più guerre di rete. Cybersicurezza, controlli incrociati, spionaggio, sabotaggi passano sui cavi – e qualche volta sui satelliti , come nel caso di Starlink. Ma non ci sono solo truppe regolari: come accade nelle trincee, gruppi di volontari aiutano le fazioni in conflitto sostituendo le tastiere a mitra e mortai. I danni, in qualche caso, sono anche peggiori. Come i Cyber Partisans bielorussi, gruppo nato a settembre 2020 per reagire contro la violenza di Minsk, scatenata contro i manifestanti pacifici che si opponevano al regime del presidente filoputiniano Lukashenko.

Tante le operazioni messe a segno, per esempio contro i ministeri, da cui hanno scaricato le informazioni riservate sui cittadini ma anche sui poliziotti coinvolti nelle violenze contro chi protestava. E poi attacchi alle ferrovie. Dopo l’inizio della guerra in Ucraina, hanno allargato l’azione alla Russia, spiega Yuliana Shemetovets, portavoce, collegata da New York durante la sessione pomeridiana di domenica 8 ottobre del Wired Next Fest 2023 a Milano. “Abbiamo cominciato ad attaccare anche Roscomnadzor, l’autorità per le censura che controlla e monitora più o meno tutto quanto accade sul suolo russo, ma anche in ogni territorio in cui si parla quella lingua, e anche il nostro Paese”. Nei mesi scorsi l’agenzia di Mosca avrebbe messo a punto Oculys, un sistema in grado di scovare contenuti anti-Putin anche in video e meme e perseguire gli oppositori. L’ultimo stadio della censura politica del Cremlino.

Il gruppo dei Cyberpartisans è composto da circa ottanta persone, tutti bielorussi, e consta di diverse divisioni. “Una è focalizzata sugli attacchi da mettere a segno, un’altra sull’analisi dei dati: quelli raccolti durante le azioni operative sono tanti, e servono anche le infrastrutture giuste per analizzarli: ma collaboriamo con diverse organizzazioni e giornalisti che investigano su crimini contro l’umanità compiuti in Bielorussia”. Un’altra linea di azione, spiega Shemetovets, è la cybersecurity per i cittadini bielorussi. “Perché per loro è molto importante restare in contatto con tutto quello che sta accadendo: ma, dal momento nel Paese puoi essere arrestato anche solo per un commento sui social media, la gente ha paura di informarsi e leggere le notizie su quello che sta accadendo in Ucraina, e anche da noi”. La risposta è una modifica all’app di Telegram, “molto diffusa nell’est europeo, con alcune funzioni che servono a proteggere il proprio cellulare, come ad esempio un falso codice Pin che, se la persona viene arrestata, una volta digitato, rimuove ogni informazione sensibile”. Non manca, aggiunge l’attivista, la divulgazione, con articoli che spiegano alla cittadinanza come usare le Vpn per sfuggire alla sorveglianza del regime, e le verifiche sull’identità dei volontari bielorussi che partono per il fronte ucraino. Un’attività portata avanti in collaborazione col govenro di Kyiv, perché ogni guerra, soprattutto questa, è battaglia di spie, e le infiltrazioni sono all’ordine del giorno.

Cosa rispondere a chi li definisce terroristi? “Ogni regime lo fa, significa che abbiamo fatto qualcosa di buono – risponde l’attivista –. Abbiamo comunque un nostro codice etico, e ci assicuriamo che chi fa parte del nostro gruppo lo conosca e rispetti. Verifiche sull’identità avvengono anche tra i nostri, per quanto possibile”. Certamente non esiste una scuola che insegni il “mestiere”: “Abbiamo imparato passo passo, e con l’esperienza siamo diventati sempre più bravi, ma questi ragazzi non avevano altra scelta per aiutare il Paese se non mettere a disposizione le proprie competenze e cervello. Vale anche per l’Ucraina: quando vincerà, anche Lukashenko sarà più debole”.

Hacking etico all’italiana

Chi invece ha studiato – e parecchio – per fare hacking è il gruppo mHackeroni, nato dalla fusione di quattro realtà antecedenti con l’obiettivo di partecipare alle più prestigiose competizioni di settore a livello mondiale. E ci è riuscito, spiegano dal palco milanese Marco Festa e d Elisabetta Cainazzo, che ne fanno parte. I due, tra una sfida e l’altra, hanno anche provato l’ebbrezza di “bucare” un satellite americano, ovviamente sotto controllo governativo, per identificarne le vulnerabilità. Questo il senso dell’hacking etico, spiegano, che si rivela anche un’ottima opportunità professionale: “Tanti del nostro gruppo hanno ormai belle carriere nell’industria o nella ricerca. E anche lo stereotipo del nerd col cappuccio sta passando di moda. Certo, abbiamo fatto cucire anche noi le classiche felpe: ma solo perché nelle competizioni americane l’aria condizionata è davvero troppo alta e fa freddissimo…



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di Antonio Piemontese www.wired.it 2023-10-08 15:31:27 ,

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